Rassegna che sottolinea l'urgenza del cambiamento, a partire dal tema dei conflitti in corso
Il 2025 sarà uno degli anni più conflittuali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Più di cinquanta guerre, infatti, infuriano nel mondo. I mass media tendono a concentrarsi su Ucraina e Gaza, ma molte altre zone della terra sono alle prese con il dramma bellico.
In tale scenario complesso, la cultura prova a fare la sua parte, mettendosi a servizio della comunità. Questo l’obiettivo di MANTOVARCHITETTURA, rassegna giunta alla dodicesima edizione, organizzata dal Polo mantovano del Politecnico di Milano. Il festival accompagnerà il pubblico per oltre un mese (fino al 13 giugno), accogliendo 42 eventi, 88 ospiti e 4 mostre.
Numeri in crescita, a dimostrazione del crescente successo della iniziativa, diventata a tutti gli effetti un punto di riferimento tra i festival locali.
Il programma di MANTOVARCHITETTURA è stato presentato nella serata inaugurale nella Sala di Manto, gioiello architettonico e artistico di Palazzo Ducale. A fare gli onori di casa è stato Davide Del Curto, prorettore del Polo.
“Il campus apre le porte ai cittadini – così Del Curto – attraverso la divulgazione scientifica. In questa edizione rifletteremo sul rapporto fra architettura e conflitti globali, ma non solo. Infatti, dietro le guerre si nascondono spesso crisi climatiche e sfruttamenti ambientali, fenomeni che non possono essere ignorati”.
Il prorettore si è poi detto soddisfatto e orgoglioso dell’organizzazione degli eventi, aggiungendo anche una novità: “Da quest’anno, apriamo due luoghi della città di norma non visitabili: la Casa del Mercante (in piazza delle Erbe) e la ex Chiesa di San Cristoforo (all’angolo tra via Acerbi e via Giulio Romano). Quest’ultima è stata oggetto di recupero da parte dell’Associazione Amici dei Musei Mantovani”.
I due siti riaperti, insieme alla Casa del Mantegna e alla ex Chiesa della Madonna della Vittoria, ospitano le quattro mostre, ciascuna parte integrante del filone narrativo dell’edizione.
In rappresentanza del Comune è intervenuto Andrea Murari, assessore all’Ambiente: “La città è orgogliosa del rapporto che si è creato in questi anni con il Polo di Architettura, grazie al lavoro quotidiano svolto da docenti, ricercatori e studenti”.
Murari ha anche sottolineato l’importanza dell’argomento centrale della rassegna: “Parlare di conflitti oggi è doloroso, ma necessario, se si vuole arricchire il dibattito”. Gli fa eco il collega Enrico Longarotti, assessore provinciale, che ha elogiato gli architetti che a Mantova, da secoli a questa parte, hanno garantito la conservazione degli edifici rinascimentali.
"Il prezioso contributo di chi ci ha preceduto permette oggi di ammirare ancora i capolavori architettonici della città di un tempo. Un patrimonio inestimabile che è valso a Mantova, nel 2008, il titolo di città Patrimonio dell’Unesco. E, se è vero che vivere in mezzo alla bellezza favorisce passioni e creatività, gli studenti di Architettura che studiano nella sede di piazza D’Arco non possono che dirsi fortunati”. A ribadirlo è Giulia Cocozzello, rappresentante degli studenti del campus di Mantova: “Questa città è un laboratorio a cielo aperto, il luogo perfetto per discutere di attualità e di architettura”.
Saluto istituzionale anche da parte della Rettrice del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto. Dopo aver evidenziato i numeri da record della scorsa edizione (6000 presenze), ha rimarcato il ruolo dell’architettura come disciplina sociale per eccellenza, finalizzata a costruire comunità e spazi che favoriscano le relazioni. Quello di architetto, secondo la Rettrice, è “il mestiere per chi sogna mondi migliori”.
Un’altra novità del 2025 è la settimana (dal 21 al 25 maggio) dedicata interamente al tema delle ricostruzioni post-conflitto, a cura della Cattedra Unesco. Stefano Della Torre, che la presiede, ha spiegato che “l’intento è quello di creare una piccola comunità di apprendimento internazionale, a partire dal confronto tra le città ucraine bombardate e la ricostruzione post-terremoto in territorio italiano”. Il tema del conflitto inaugura un programma triennale, che la Cattedra Unesco porterà avanti proponendo, nelle prossime edizioni, altri argomenti al centro dell’agenda globale.
L’inaugurazione di MANTOVARCHITETTURA è stata, inoltre, l’occasione per ascoltare i primi due ospiti illustri. Il primo a intervenire è stato Daniel Libeskind, architetto celebre per il suo approccio decostruttivista, capace di fondere memoria culturale e innovazione. Le sue opere, come il Museo Ebraico di Berlino, sono testimonianze della capacità di trasformare gli spazi in narrazioni cariche di memoria.
Dopo di lui, la parola è passata a Ievgeniia Gubkina, architetto e storica dell’architettura. Co-fondatrice dell’Urban Forms Center, si distingue per il suo approccio multidisciplinare e per l’abilità nel valorizzare il patrimonio architettonico con uno sguardo innovativo. Due voci contemporanee, impegnate nelle implicazioni sociali del loro mestiere.
Quello che si è ammirato nella Sala di Manto è soltanto l’antipasto di un festival che promette dibattiti ,lezioni, convegni e mostre, sempre all’insegna dell’impegno e dell’approfondimento. Tutto ciò con una missione precisa, annunciata da Del Curto: “Respingere le narrazioni semplificate e la cultura del sospetto, per esercitare invece l’arte dell’ascolto, come affermava già lo scrittore George Orwell negli anni della Seconda Guerra Mondiale”. Conclusione hegeliana da parte del prorettore, secondo cui “dobbiamo imparare ad accettare il conflitto come parte della vita. Il che non si significa arrenderci agli eventi, ma saper cogliere nei conflitti la spia dell’urgenza di cambiamento”.
“Tacciano le armi”, ha ripetuto Papa Francesco fino al suo ultimo giorno di vita. La speranza è che – anche grazie agli incontri di MANTOVARCHITETTURA – la lezione trasmessa dalle guerre possa presto portare alla loro conclusione.