Raddoppio ferroviario Mantova-Verona con sosta al "Catullo": progetto che non ha alcuna logica
Tutti pazzi per il raddoppio della tratta ferroviaria Mantova-Verona, con fermata all’aeroporto “Catullo” di Villafranca. Costo previsto dell’infrastruttura un miliardo e 350 milioni; peri meno giovani, 2.500 miliardi del vecchio conio, quasi una legge finanziaria. Miracolo. L’improvvisa e travolgente passione per il trasporto su ferro vede, forse per la prima volta, tutti i maggiorenti mantovani d’accordo: Comune e Provincia, partiti di maggioranza e opposizione, industriali e commercianti, biciclettai e fioristi e chi più ne ha più ne metta. Sia pure con qualche inevitabile rivendicazione politico-programmatica del tipo “io l’avevo detto per primo”.
Figurarsi se anche noi, da sempre fruitori di treni transpadani in perenne ritardo, non potevamo non essere d’accordo.
E poi: finalmente un collegamento come si deve con l’aeroporto “Catullo”! Che è a un tiro di sasso da Verona ma che gli amministratori della res publica mantovana, in ogni occorrenza elettorale, hanno sempre rivendicato come scalo virgiliano.
Per la cronaca, giusto tre anni or sono il Comune di Mantova, non credendo nello sviluppo dell’infrastruttura, rinunciava alla propria mini-quota azionaria detenuta nella Catullo SpA.
Ai facili entusiasmi per i grandi progetti infrastrutturali, soprattutto quelli conditi in salsa pre-elettorale, abbiamo smesso di credere da parecchio tempo e di fronte alle entusiastiche parole del vicesindaco Giovanni Buvoli per l’annuncio del nuovo collegamento ferroviario con l’aeroporto, qualche domanda ce la siamo fatta.
Quanti mantovani ne usufruiranno in realtà? Quale previsione di numeri e di ritorno economico giustificherebbe un investimento di tale portata?
Andiamo con ordine. Mantova conta 49.000 abitanti, un quinto di Verona. Con un’età media tra le più alte in Italia e senza un ricambio generazionale, da tempo la città sta implodendo per mancanza di fondamentali economici; in altre parole i pochi giovani in età produttiva scappano per carenza di posti di lavoro qualificati.
Hai voglia far cantare le rockstar in piazza Sordello.
L’intera provincia di abitanti ne fa 407.000, tanti quanti ne contiene da solo il quartiere Gallaratese di Milano. Uno studio di pianificazione aeroportuale dell’Ente Nazionale Aviazione Civile ci dice che i fruitori annuali dell’aeroscalo veneto generati dal quadrante Sud (Mantova e provincia)sarebbero poco meno di 50.000, quanti ne ha fatti in un sol giorno lo scalo di Bergamo-Orio al Serio. Si consideri inoltre che il territorio mantovano, essendo baricentrico tra Lombardia, Veneto ed Emilia, in fatto di collegamenti aerei gravita in larga parte attorno agli aeroporti dei capoluoghi regionali di riferimento: Milano (con Bergamo, Linate e Malpensa), Verona e Venezia, Bologna.
Con 35 voli al giorno e 3,7milioni passeggeri/anno il “Catullo” oggi è poco più di un aeroporto domestico, ancorché in fase di rilancio. Per dire, nel 2024 Bergamo-Orio al Serio ha contato 110mila voli e 17,5 milioni di passeggeri.
Ma torniamo al “Catullo, aeroporto dei mantovani”. Il traffico passeggeri in uscita è sostanzialmente di tre tipi: a medio raggio europeo (turismo e business); charter a lungo raggio per i tour operator; voli di apporto (feederaggio) agli hub intercontinentali di Monaco, Francoforte e Parigi.
Guardiamo adesso la faccenda dal punto di vista dell’utente virgiliano.
Sappiamo - provare per credere -che per le trasferte vacanziere ogni passeggero reca mediamente con sé un bagaglio di una ventina di chilogrammi.
Ora, ditemi voi se vi sembra comodo e agevole per prima cosa farsi accompagnare alla stazione di Mantova da qualcuno automunito, dappoi salire la gradinata, scendere al sottopasso per risalire nuovamente le scale di accesso al binario, quindi montare e scendere dal treno e infine raggiungere il check-in dentro l’aerostazione (percorso da ripercorrere all’incontrario quando si torna a casa). Sempre tirandosi dietro la solita valigia da venti chili.
Visto che l’aeroporto dista da Mantova una mezz’oretta di strada, qualsiasi persona cerebralmente normodotata preferirà farsi accompagnare da casa direttamente all’aeroporto con l’auto, non vi pare?
Anni fa fu sperimentato l’impiego di minibus da e per il “Catullo” dalla città, con quattro frequenze giornaliere. Partenza e arrivo da piazzale Mondadori e piazza Cavallotti. Tolsero il servizio dopo pochi mesi, perché i fruitori erano talmente pochi da non giustificare un servizio regolare.
Peccato, perché se per caso l’orario dell’aereo coincideva con quello del minibus, il servizio era davvero comodo, tanto più che l’autista provvedeva direttamente al chek-in dei passeggeri da bordo dell’automezzo, con il suo telefono cellulare. Con tali numeri risicati, qualsiasi collegamento ferroviario tra Mantova e il “Catullo” sarebbe quindi non solo marginale, ma economicamente non sostenibile.
Tutt’altro paio di maniche sarebbe un moderno shuttle su rotaia per i veronesi, che - leggiamo - punterebbero a estendere la breve tratta aeroportuale fino alla riviera orientale del Benaco, laddove fino al 1957 col treno si poteva raggiungere perfino Garda.
E il raddoppio della Mantova-Verona?
Inutile girarci intorno: servirebbe primariamente a soddisfare l’aumento della domanda del trasporto merci su ferro, visto che la modalità del trasporto su gomma, a suo tempo tanto cara alla FIAT quanto devastante per la viabilità stradale del Paese, oggi non è più sostenibile. Il fatto che adesso RFI sostenga un progetto miliardario dopo averne dimostrato per decenni l’inutilità, la dice assai lunga. Casualmente, ma è solo una nostra supposizione da profani, il raddoppio della singola tratta Verona-Mantova (non dell’intera linea interregionale Verona-Mantova-Modena) si sposa con la riqualificazione del segmento Mantova-Frassine, con la contestuale l’eliminazione del passaggio a livello di Porta Cerese e il rinforzo del viadotto di viale Montello e via dicendo. Il tutto a spese di Rete Ferroviaria Italiana, che non lo fa per disinteressata magnanimità per la dozzina di passeggeri da e per Monselice, ma per poter aumentare il carico per asse dei vagoni e raddoppiare l’attuale numero di convogli merci. Dimenticavamo: nel miliardo e dispari di euro previsti per il raddoppio della Mantova-Verona è compresa la demolizione di metà Cittadella per farci passare i binari?