Emerge una denuncia del 1996 per opere abusive realizzate a suo tempo dal Comune. Ora salta tutto?
L'atto di sdemanializzazione del Migliaretto è nullo? In esclusiva La Nuova Cronaca oggi è in grado di rivelare un grave illecito amministrativo, che se venisse confermato nelle opportune sedi giudiziarie, comporterebbe l’immediata revoca della sdemanializzazione e la cancellazione del trasferimento dell’ex aeroporto al Comune di Mantova. In altre parole: tutto da rifare.
L’antefatto risale al 1982, anno nel quale il Comune autorizzò la costruzione di un importante condotto fognario proveniente dal Paiolo e diretto al digestore-depuratore di Bosco Virgiliano. Fin qui niente di strano.
Il fatto increscioso, attribuibile a una ingiustificabile leggerezza dell’Ufficio Tecnico e dei professionisti incaricati, è che il collettore in questione è stato edificato per circa un chilometro e mezzo all’interno del sedime demaniale del Migliaretto, di cui percorre per l’intera lunghezza il lato sud e il lato ovest prospiciente i campi di calcio. Già che c’era, visto che con la fognatura gli era andata bene, il Comune qualche tempo dopo realizzava ai piedi della scarpata della SS62 della Cisa, sempre all’interno dell’area demaniale, anche una condotta dell’acqua e una del gas, lunghe quasi un chilometro. Opere, a quanto pare, anch’esse abusive, ovvero realizzate senza alcuna concessione amministrativa e senza alcun permesso da parte del legittimo proprietario, cioè il Demanio dello Stato. Per dir la verità, la Direzione della circoscrizione aeroportuale di Linate, sotto la cui giurisdizione ricadeva l’ex aeroporto del Migliaretto, per amor del quieto vivere, cercò in qualche modo di aggiustare la faccenda, almeno per quanto riguarda il metanodotto e l’acquedotto, arretrando di qualche metro la rete di recinzione aeroportuale e concedendo al Comune una servitù di passaggio per favorire eventuali lavori di manutenzione ai due manufatti; in pratica una striscia larga cinque metri e lunga 950, poi utilizzata per asfaltarvi la ciclabile Mantova-Cerese. Lo stesso fu fatto con l’allargamento del rondò di via Donati, allorquando l’opera stradale sbordò nel Migliaretto per qualche centinaio di metri quadrati. Anche qui fu stilata un’apposita concessione tra l’amministrazione dello Stato e il Comune, previo pagamento di un canone annuale di occupazione. Canone che in tutti questi anni è stato versato all’Erario?
Purtroppo, sulla vicenda del Migliaretto lo Stato si è sempre voltato dall’altra parte, sollevando, come spesso accade, più di un dubbio sulla trasparenza del proprio operato e sulla lealtà dei propri funzionari.
A richiamarlo ai suoi doveri fu, nel 1996, il dottor Guglielmo Gelati, a quel tempo amministratore della Società Nuvolari srl, erede ope legis del Consorzio per l’aeroporto di Mantova “Luigi Vaschi” costituito nei primi anni ’70 tra lo stesso Comune di Mantova, l’Amministrazione provinciale, la Camera di commercio e l’APT e alla cui presidenza si erano alternati per lungo tempo sindaci e presidenti provinciali.
Il dottor Gelati, commercialista, una laurea in Economia e una in Giurisprudenza, presentò un esposto circostanziato alla Procura della Repubblica, debitamente depositato e protocollato presso la Cancelleria, nel quale denunciava le opere di abusivismo edilizio realizzate sul sedime demaniale e dunque costituenti un reato imprescrittibile contro la cosa pubblica. Si sapeva dell’esistenza di questo documento. Dopo una lunga ricerca il nostro giornale ne è venuto finalmente in possesso e oggi lo pubblica in esclusiva. Ecco un paio di passaggi significativi:
“Si segnala alla S.V. Ill.ma che nel sedime dell’aeroporto del Migliaretto (...) insiste nel perimetro demaniale una condotta fognaria di metri 1.500 posta in rilievo di due metri e un gasdotto interrato di metri 1.000 che è stato costruito senza il consenso del proprietario (ministero delle Finanze) né del concessionario definitivo (ministero dei Trasporti” (...)
“Si è verificata inoltre una progressiva appropriazione da parte di privati di porzioni di terreno (...)”
“In verità il dipartimento per il territorio di Mantova che deve provvedere alla tutela dei beni demaniali è al corrente della situazione, come da documentazione che si allega, ma a tutt’oggi non ha provveduto a rimuovere le opere abusive dal sito (...)”
Che fine ha fatto quella denuncia? Perché la Procura della Repubblica non se ne è mai occupata o, se lo ha fatto, l’ha archiviata in un armadio, e se così fosse: con quali motivazioni?
Non siamo giuristi, ma ci sembra che l’esposto non fosse una cosa di poco conto.
Come dicono gli avvocati, il fumus boni iuris c’era, eccome.
La storia – rigorosamente documentata - rivela altri aspetti della vicenda Migliaretto a dir poco inquietanti sia sul piano giuridico sia su quello politico.
La portata dell’illecito, infatti, era tale da invalidare persino una Commissione interministeriale istituita dall’allora ministro dei Trasporti Claudio Burlando con lo scopo di sdemanializzare il campo d’aviazione per consegnarlo al Comune di Mantova (il sindaco pro tempore era Gianfranco Burchiellaro, compagno e amico di antica pezza del ministro Burlando, fin dai tempi della loro militanza nella Gioventù Comunista).
La Commissione, rubricata con la sigla 28T e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, era composta da alti dirigenti e funzionari dei ministeri dei Trasposti e delle Finanze, della Direzione Generale Aviazione Civile (oggi ENAC), dal direttore della Circoscrizione aeroportuale di Linate, da rappresentanti del Comune di Mantova e della Provincia (la quale deteneva l’intero capitale della “Nuvolari srl” dopo l’uscita degli altri enti consortili), e infine da alcuni esperti “laici”.
Ma si sa, il diavolo fa le pentole non i coperchi. Infatti, i funzionari inviati da Roma nulla sapevano dell’esistenza dei manufatti abusivi, fino a quel momento opportunamente sottaciuti e coperti da parte mantovana.
Quando qualcuno, carte planimetriche alla mano, sollevò la questione denunciando la nullità di qualsiasi atto di sdemanializzazione stante la sussistenza del reato, nonché additando una precisa responsabilità dei ministeri e degli enti vigilanti per l’omessa tutela nei confronti dei beni dello Stato, nella sala calò il gelo.
A quel punto il capo della Commissione, che aveva in tasca un verbale della riunione già preconfezionato, giocò sporco.
Nell’impossibilità di farlo sottoscrivere dai presenti per l’evidenza degli illeciti emersi durante l’ispezione, si assentò per qualche minuto per dettare a una segretaria (anch’essa giunta da Roma) un nuovo verbale concordato a voce con i presenti.
Si trattava di un documento di svariate pagine che, data l’ora tarda e il viaggio di rientro nella Capitale, fu chiesto di sottoscrivere senza darne ulteriore lettura.
Nessuno immaginava che quei fogli, da tutti controfirmati in buonafede, erano stati falsificati dal dirigente togliendovi qualsiasi accenno ai lavori abusivi.
L’indomani, il presidente della Provincia Davide Boni inviò una circostanziata minaccia di denuncia legale all’indirizzo del ministro Burlando. E per molti anni di sdemanializzazione del Migliaretto non si parlò più.
Ora, una delle prime cose che si insegnano agli studenti del primo anno dell’istituto tecnico per Geometri è questa: quando costruite qualcosa, mettete sempre per iscritto che il proprietario è d’accordo, soprattutto se questi è lo Stato. E una delle prime norme che si imparano sui libri di Diritto Pubblico alla facoltà di Legge (esame del secondo anno) è che le opere edificate senza autorizzazione su terreno demaniale costituiscono un reato imprescrittibile. L’imprescrittibilità dell’illecito è un principio cardine dell’ordinamento, proprio perché posta a salvaguardia della suprema tutela del patrimonio pubblico.
Le sponde dei fiumi e dei laghi, i litorali marini, le montagne, i sedimi aeroportuali, perfino quando sono semplici prati come il Migliaretto, sono intangibili per legge. E chi ci costruisce sopra senza esserne autorizzato commette un reato che nessun decorso del tempo rende sanabile, fossero anche cent’anni. La norma, si badi bene, è da sempre ribadita senza se e senza ma da una copiosa giurisprudenza civile e amministrativa e dalla stessa Suprema Corte.
Poiché il reato è imprescrittibile, l’unica sanatoria possibile per i manufatti abusivi è la loro demolizione coatta. E fino a che essi non vengono rimossi il bene non è in alcun modo sdemanializzabile. Il fatto, poi, che lo Stato sia un pessimo amministratore del proprio patrimonio nulla toglie alla severità della legge, che è generale e astratta e proprio per questo deve valere per tutti.
Meglio, dovrebbe essere uguale per tutti ma che, evidentemente, per alcuni è più uguale di altri.