Con l'installazione filmica di Isaac Julien, Palazzo Te riflette sul valore delle metamorfosi
Fin dall’antichità, il tema delle Metamorfosi ha sempre attratto pensatori, filosofi, poeti e artisti. In principio fu Ovidio, con il poema latino Le Metamorfosi, dove si narrano le trasformazioni continue di entità divine e umane. In seguito sarebbero arrivate innumerevoli altre interpretazioni, fino alla rilettura novecentesca di Kafka, con lo scarafaggio (alias Gregor Samsa) che aprì uno squarcio nell’immaginario collettivo del “secolo breve”.
In campo artistico, una delle massime rappresentazioni delle metamorfosi è il ciclo di affreschi realizzato negli anni Venti del Cinquecento da Giulio Romano nelle stanze di Palazzo Te. Nel 2025 si festeggiano i cinque secoli dalla edificazione della residenza estiva dei Gonzaga. Ricorrenza che è già stata accompagnata da una mostra (“Dal caos al cosmo”), incentrata sul dialogo tra le scene giuliesche e alcune tele rinascimentali e barocche.
L’iniziativa che è partita il 4 ottobre e che traghetterà il Te verso il 2026, invece, si propone di indagare il presente, proiettando Palazzo Te in una dimensione contemporanea. Si tratta di “All That Changes You. Metamorphosis” (“Tutto ciò che ti cambia. Metamorfosi”), installazione filmica realizzata dall’artista e regista britannico Isaac Julien. Il progetto, curato da Lorenzo Giusti, è presentato negli spazi rinnovati delle Fruttiere, che riaprono per l’occasione dopo ben sette anni.
L’installazione filmica a dieci schermi vede come protagoniste le attrici di fama internazionale Sheila Atim e Gwendoline Christie. Le due interpreti assumono le vesti di entità celesti che sembrano prendere vita dagli affreschi che decorano le pareti dell’edificio. In effetti, come nel caso della precedente mostra, anche qui il dialogo tra l’opera e gli affreschi di Giulio Romano è costante e profondo, a tal punto da diventare un vettore per esplorare i temi della metamorfosi, della filosofia, dell’antropologia e dell’ecologia. Un punto, questo, sul quale ha insistito – in sede di inaugurazione – il neopresidente di Fondazione Te Giovanni Pasetti: “Il contemporaneo torna a Palazzo Te, legandosi alle sue antiche suggestioni in un’avventura eterna. Isaac Julien è stato in grado di cogliere la freschezza dei capolavori di Giulio Romano, costruendo a sua volta un’opera che è un ponte visivo tra passato e futuro”.
A queste parole fanno eco quelle del direttore Stefano Baia Curioni: “Isaac ha avuto la capacità diportare questo edificio storico nel futuro. Infatti, siamo convinti che il patrimonio culturale debba andare ben oltre l’identità e la memoria, conducendoci verso un pensiero innovativo”. Baia Curioni ha poi definito quella di Julien “un’opera politica, di rabbia e di amore”.
A ribadire il valore politico (ma non retorico) dell’installazione è il sindaco Mattia Palazzi, che si è detto orgoglioso di ospitare a Mantova un’opera filmica così importante. “Il lavoro compiuto da Julien è un gesto d’amore verso il Te – ha proseguito il primo cittadino – che ci fa guadagnare punti in quanto a prestigio culturale, dato che l’installazione è presentata in anteprima mondiale”. Un pensiero, poi, al difficile contesto storico attuale e al valore dell’arte: “Nelle fasi critiche della storia, la cultura ha sempre aiutato a ricominciare. Restituiamo, dunque, alla cultura e all’arte il loro potere capace di far muovere la società”.
Il film è un viaggio nel tempo attraverso una serie di spazi architettonici che funzionano come metafore visive, delineando diverse temporalità: dal cinquecentesco Palazzo Te, passando per la postmodernista Cosmic House di Charles Jencks a Londra del XX Secolo, fino a una futuristica astronave di vetro, progettata da RichardFound e situata tra le campagne inglesi, e al padiglione per la Kramlich Collection di media art creato da Herzog e de Meuron.
In questa migrazione di epoca in epoca, le protagoniste femminili assumono identità differenti – metamorfiche –e cercano di superare una visione del mondo antropocentrica, offrendo così una rappresentazione da una prospettiva non umana. Un esercizio di sguardo critico dall’esterno, nel tentativo di mettersi nei panni delle altre creature che popolano il pianeta. Inevitabile, a tal proposito, il collegamento con l’ecologia, che è uno dei punti cardine del pensiero di Isaac Julien.
L’artista britannico, accolto dalle autorità mantovane in occasione dell’inaugurazione della sua installazione, ha espresso parole di gratitudine nei confronti dell’ambiente che lo ha ospitato: “Mantova e Palazzo Te mi hanno cambiato ed è un onore essere stato al centro di questa metamorfosi. Quando ho visto i dipinti di Giulio Romano mi sono chiesto come avrei potuto creare un dialogo stimolante con la mia opera. È stato un progetto ambizioso, che mi ha permesso di affrontare il tema della metamorfosi e della trasformazione del pianeta in chiave contemporanea, come faccio sempre nelle mie creazioni artistiche”.
Per ogni regista che si rispetti non possono mancare i modelli di riferimento. Il lavoro di Julien non è da meno: si basa, infatti, su fonti letterarie come l’opera filosofica e politica di Donna Haraway, “Staying with the trouble” (2016), e il romanzo di Naomi Mitchison, “Memoirs of a Spacewoman” (1962), in cui una scienziata e viaggiatrice temporale racconta le sue esperienze di ricerca, comunicazione e innamoramento con forme di vita extraterrestri. Il personaggio di Sheila Atim è ispirato al romanzo “Parable of the Sower” (1993) di Octavia E. Butler. Sceneggiatura finale sviluppata in collaborazione con Mark Nash e Vladimir Seput.
“Il risultato – ha aggiunto il curatore Lorenzo Giusti – è un messaggio potente, che ci connette all’essenza più profonda del presente. Un presente fragile e straordinario, capace di realizzazioni meravigliose e tuttavia incompiuto, come Palazzo Te”. Il cuore concettuale dell’opera, però, risiede in una frase che Isaac Julien ama ripetere come un mantra: “Tutto ciò che tocchi viene da te cambiato, tutto ciò che cambia ti cambia”.