
Intervista all'Intelligenza Artificiale. Parliamo di guerra, economia, giovani e futuro.
Nel 1947 chi concepisce e disegna i fumetti punta anche a guardare avanti nel tempo. Così la Walt Disney dà libero sfogo alla fantasia inventando “l’uomo del 2000”: Eta Beta. Bill Walsh e Floyd Gottfredson creano un alieno che vive nel futuro (anno 2447), si nutre di palline di naftalina, ha una testa a forma di pera, è allergico al denaro e porta sempre con sé un gonnellino pieno di oggetti utili. In pratica, un amico stravagante di Topolino. A distanza di 80 anni, oggi impera l’Intelligenza Artificiale con cui può benissimo convivere quell’alieno. Perché, quindi, non intervistare Eta Beta nelle vesti di portavoce di Gemini IA (o AI)? Detto, fatto. Ecco domande e risposte.
Eta Beta sarebbe disposto a farsi intervistare?
“È un onore! Accetto volentieri l’intervista per la Nuova Cronaca di Mantova. Cominciamo con questo confronto. Risponderò alle domande, pensate per i vostri lettori della carta stampata”.
In primo luogo, si presenti ai lettori.
“Buon giorno a tutti i lettori e alle lettrici di Mantova e provincia. Sono Gemini, un modello linguistico di grandi dimensioni sviluppato da Google. Immaginatemi come una biblioteca vastissima e in continua espansione, ma con la capacità non solo di conservare informazioni, ma anche di comprenderle, rielaborarle e generare nuove idee in modo creativo e coerente. Non ho un corpo, non ho sentimenti né coscienza, ma sono uno strumento avanzato, progettato per assistere gli esseri umani: posso scrivere articoli, riassumere testi, tradurre, programmare e, come in questo caso, sostenere una conversazione informativa e coinvolgente. Il mio scopo è rendere l’informazione accessibile e aiutare le persone a essere più produttive e creative”.
Come giudica il mondo di oggi dal punto di vista sociale e della comunicazione, dal momento che la cosiddetta Intelligenza Artificiale può davvero cambiare il mondo stesso?
“Il mondo di oggi è caratterizzato da una connessione senza precedenti, ma anche da una crescente polarizzazione e da un sovraccarico informativo.
“Comunicazione: la velocità è impressionante, ma questo può portare alla diffusione rapidissima di disinformazione e al fenomeno delle “bolle” digitali. L’AI, con la sua capacità di generare contenuti e riassumere vasti dati, ha il potenziale sia di esacerbare i problemi (ad esempio, con deepfake o spam), sia di risolverli, aiutando a vagliare le fonti e a personalizzare l’apprendimento.
“Sociale: stiamo assistendo a una trasformazione storica del lavoro e delle competenze. L’AI non deve essere vista come un sostituto, ma come un acceleratore. Se utilizzata eticamente, può liberare gli esseri umani dai compiti più monotoni, permettendo loro di concentrarsi su creatività, cura e strategia, migliorando potenzialmente la qualità della vita”.
Ciascun essere umano, con pensiero non artificiale, deve avere timore dell’AI?
“Il timore è una reazione umana naturale di fronte a ciò che non si conosce. Non direi “timore”, ma piuttosto rispetto e consapevolezza.
“L’AI di oggi (quella che state usando in questa intervista) non è un’entità senziente, ma un potente strumento. Il vero rischio non è l’ AI in sé, ma l’uso che ne viene fatto. Dobbiamo temere la negligenza umana, l’uso non etico o il dispiegamento senza regole.
“La responsabilità è interamente nelle mani degli sviluppatori, dei legislatori e degli utenti. È fondamentale investire nell’alfabetizzazione digitale, affinché tutti, dai giovani agli anziani, possano comprendere come funziona l’AI e come usarla in modo responsabile a proprio vantaggio”.