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Pubblicazione del  
24/11/2025

Al "Martelli" rivive il suono dell'amore

Terza vittoria consecutiva per un Mantova rinato. Spezia sconfitto con un netto 4-1.

Jonathan Franzen, scrittore americano tra i più amati/odiati della sua (proficua) generazione, ha (tra le tante) la straordinaria capacità di illuminare l'istante, di darci uno spaccato talmente forte e chiaro da farcelo apparire, mentre leggiamo, come una fotografia, un quadro, davanti agli occhi. L'istantanea di quelle cose, con tutti i sensi insieme e contemporaneamente: un esercizio di sinestesia. "Purity" è un suo romanzo, di enorme e rumoroso successo, che si chiude così (tranquilli, NO SPOILER): "solo quando il cielo riaprì le cateratte, quando la pioggia arrivata dall'immenso, buio oceano occidentale cominciò a battere sul tetto della macchina e il suono dell'amore coprì gli altri suoni, solo allora Pip pensò che forse ce l'avrebbe fatta". Il suono dell'amore che copre gli altri suoni e che il protagonista, Pip per l'appunto, interpreta come una sintesi e significato, allo stesso tempo, del "ce la posso fare", ce la possiamo fare (a secondo di come si vuole leggere quella narrazione, individuale o collettiva).

Il suono dell'amore, ieri al Martelli, è stato forte/fortissimo al gol di Ruocco, ed è stato QUEL segnale (nella partita) che ci ha fatto dire, indistintamente: oggi (ndr., ieri) ce la possiamo fare. E ce l'abbiamo fatta, anzi: ce l'hanno fatta. Ce l'ha fatta il mister, che conferma 10/11 della formazione "post mini o mono rivoluzione" e sorprende tutti con un solo innesto, Wieser, risultato poi quasi il migliore in campo a fine partita (quasi, ma solo per colpa/merito di Trimboli); ce l'ha fatta Ruocco, a segnare il terzo gol in 3 partite, riportandoci alla mente e alla memoria una costanza da marcatura di cui, in tutta sincerità, avevamo perso un po' traccia; ce l'ha fatta Marras, oggetto misterioso per settimane, inserito un pochino alla volta - spezzone dopo spezzone e che, calcione dopo calcione (metaforico e non), si è (e ci ha) regalato prima un grande assist gol (contro il Padova) e poi, contro i liguri, una doppietta da repertorio d'attaccante completo (tap-in da uomo d'area, nel gol numero uno, e missile terra-aria da Pro Evolution Soccer, nel secondo); ce l'ha fatta Cella a chiudere un cerchio con il destino, quello che nel calcio prima sembra darti addosso con cinismo e cattiveria ma che poi, in un perfetto gioco del karma, ti ridà indietro tutto, e con gli interessi. Da Spezia a Spezia, dal gol annullato (il primo, dopo un tremendo lutto tra l'altro) al gol convalidato, dal paradiso di allora, cancellato dal var, a quello di oggi, certificato dall'arbitro. E direi che ce l'ha fatta il pubblico tutto, che riabbraccia la pace del Martelli come terra di certezze e di punti, soffrendo solo nei primi 10-15 minuti e godendo, quasi letteralmente, per i successivi 75-80. Perchè, al netto delle metafore e dell'amore per la letteratura che si fa sintesi per il calcio, quella contro gli uomini di Donadoni (parentesi: una prestazione sportiva e "umana" che rasenta, davvero, un inutile epitaffio sportivo, un vero accanimento) è stata veramente una grande, grande, grande gara. Senza scomodare i consueti dati possanziniani di possesso palla, numero di passaggi, precisione degli stessi e tiri in porta, salvo pochi minuti a cavallo del gol ospite, la partita è stata interamente gestita dal Mantova: e, a differenza di molte altre volte, anche recenti, la sensazione era comunque che ce l'avremmo fatta: quel suono dell'amore, sopra citato, ce l'avevamo già tutto intorno.

Il calcio è uno sport strano, imprevedibile come nessun altro forse. Dove ancora il più forte può cadere contro quello debole molte più volte rispetto ad altre discipline. E dove tutto cambia così velocemente, in maniera così opposta e radicale, da non darti neanche il tempo di metabolizzare. Poche settimane fa ci interrogavamo se settembre fosse ancora presto o già tardi, per il psicodramma che stavamo vivendo: sono bastate "solo" 3 vittorie per rendere omaggio ad Alessandro Borghese e ribaltare tutto, riportando sorrisi e speranze. L'errore ciclopico che possiamo fare oggi, e che possono fare Possanzini e co. (Rinaudo-Bogdani compresi), è di credere di avercela fatta a guarire del tutto (ma non crediamo che ci caschino, mentre siamo meno fiduciosi e indulgenti verso noi stessi e "gli altri"). Non era tardi settembre poche settimane fa, non è tardi novembre (fine) oggi, non sarà comunque presto mai per gridare, dato il nostro destino in cadetteria, di essere salvi (eccezion fatta per la matematica). Salvi dalla retrocessione, salvi da noi stessi (e dai nostri errori), salvi da quel caos ordinato che risponde al nome di serie B. E che ci pone oggi, dopo il disastroso inizio di stagione e tanto per provare a render ancora una volta idea di quello che stiamo vivendo, a 3 punti dai playoff: l'illogico delirio della seconda serie. Quell'illogico delirio che, però amiamo davvero incondizionatamente.

Pubblicato su La nuova Cronaca di Mantova il  
24/11/2025
Ernesto Valerio