
"Che si dice al Martelli" intervista il centrocampista Federico Artioli (che cita Venditti...)
Ci siamo trovati così bene da “Materia prima” che abbiamo voluto bissare lì l’appuntamento di “Che si dice... al Martelli”, chiacchierando questa volta con il centrocampista Federico Artioli. Metronomo del centrocampo biancorosso, dopo un anno di apprendistato sotto l’ala protettiva di Burrai, da questa stagione (salvo le prime tre gare per infortunio) è, letteralmente, al centro del progetto di mister Possanzini. Tanto spavaldo, propositivo, superattivo in campo, Federico è decisamente più timido e riservato “fuori dal terreno di gioco”, ma altrettanto ordinato e pulito così come durante i novanta minuti di gioco.
Abbiamo fatto tante metafore in questi anni, ma poche quelle musicali: che canzone sceglieresti per sintetizzare la tua esperienza, di un anno e mezzo oramai, a Mantova e in Serie B?
“Io e la musica abbiamo un rapporto non troppo idilliaco, nel senso che non la metto come intrattenimento prioritario nella vita. Se devo scegliere, però, dico con convinzione Che fantastica storia è la vita di Venditti che, alla fine, era ed è il mio cantante preferito. La canzone segue un po’, con i dovuti distinguo, il mio percorso di avvicinamento alla cadetteria: simboleggia, a suo modo, il Mantova che è arrivato e mi ha dato l’occasione di misurarmi con questa categoria”.
Da Ferrara a Mantova, come ti sei ambientato in città? E la tua vita fuori dal campo?
“Mantova non è simile alla mia Ferrara, nonostante mi avessero detto che si somigliassero. Mi trovo molto bene, si mangia alla grande e non potrei che dire bene dei momenti che passo in città, dopo allenamenti o gare”.
E fuori dal campo, quali sono i tuoi legami con i compagni di squadra?
“Wieser è il mio compagno di merende, per riderci su. In lui ho trovato veramente un amico. A livello di carattere non faccio fatica a legare e infatti l’ho fatto con tutti, ma con lui c’è effettivamente un affetto speciale, diverso”.
Checché se ne dica, il tuo ruolo è al centro del progetto del mister. Unisci testa e gamba, per citare Jovanotti: sei l’ombelico del mondo. Prova a farci capire cosa si vede, cosa si sente, cosa si prova durante la gara a vivere la partita dalla tua posizione centrale, a suo modo privilegiata.
“Personalmente amo questo ruolo perché tocco un numero altissimo di palloni. E io amo essere al centro del gioco, dei passaggi, ma anche di fare il lavoro sporco quando serve. Avere tutto sempre davanti agli occhi, aiutare la difesa quando siamo sotto attacco o aiutare le punte, magari con delle verticalizzazioni, quando siamo in fase offensiva. E, diciamocela tutta, essere al centro dell’attenzione è una cosa che mi piace e che mi stimola, credo che sia un modo di assumersi responsabilità che ben si concilia con la mia persona e con Federico giocatore”.
Darsi un giudizio è sempre una cosa molto difficile, però ti voglio chiedere: pregi e difetti di Artioli, dentro e fuori dal campo.
“Pregio fuori dal campo direi assolutamente che sono un ragazzo solare, difficilmente non ho il sorriso letteralmente stampato in faccia! Difetto, uno su tutti: sono permaloso. Ah, sui pregi aggiungo: simpatico! In campo direi che sicuramente permaloso non lo sono, per fortuna, e come pregio sul terreno di gioco direi proprio che sono propositivo e positivo, sempre. Poi chiederei ai tifosi, a questo punto, di dirmi e dirci quali sono i miei pregi e i miei difetti in campo, sono curioso di vedere e capire come vengo percepito dalle tribune”.