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Pubblicazione del  
22/12/2025

L'esordio di Modesto è buono, ma amaro

Il Mantova offre buoni spunti, ma paga cara una disattenzione: Empoli corsaro al "Martelli".

Alibi: come da definizione estesa, "si usa per indicare una scusa, un pretesto o una motivazione per giustificare la propria assenza o una mancanza". Come spesso accade, chi segue visceralmente qualcosa tende a vederci meglio di altri tant'è che la Te, a inizio gara, recitava su striscione: "Grazie mister Possanzini per la Serie B... ora gli alibi finiscono qui: vincere". Checché se ne dica, la presenza del vecchio mister era un parafulmine per tutto e tutti: centralizzando le critiche (per il gioco, per le parole utilizzate pre e post gara, per l'integralismo più volte dimostrato, ecc.), andava come a "proteggere" tutto il resto (squadra, direzione tecnica, società) creando, appunto, un alibi generalizzato ed esteso per le sconfitte. L'avvicendamento in panchina ha "liberato" tutti dalla contestualizzazione personalistica della critica e ha riportato ogni attore in gioco al centro dell'attenzione e del giudizio: la Te l'ha capito prima e subito e l'ha messo, giustamente, per iscritto.

Mantova - Empoli doveva essere la partita, appunto, della liberazione: diciamocela tutta, anche della fastidiosa (fastidiosissima) dicotomia di giudizio, senza possibilità di mediazione, che ha contraddistinto il tifo mantovano negli ultimi mesi (o, forse, in tutto il 2025): quello dei pro e contro l'ipnozona, quelli del "abbiamo il mister migliore del mondo" VS "l'è un bun da gnìnt". Una scissione senza possibilità di dialogo che oggi avrebbe dovuto/voluto trovare un vincitore: indistintamente si pregustava, ambo parti, quel "te l'avevo detto" che tante volte alimenta il dialogo tra le persone nella vita di tutti i giorni, figurarsi nella frenetica frivolezza del calcio.

E invece, Mantova - Empoli è diventata (paradossalmente, ma giustamente) proprio la partita degli alibi per tutti: per il neo mister Modesto, che in pochi giorni non "poteva fare di più" di quello che ha provato a pensare, a spiegare e a mettere in campo; per la squadra (come collettivo) che, dopo due anni e mezzo di lavoro ideologicamente monodirezionale non poteva, con uno schiocco di dita, ritrovarsi completamente (o anche solo in part) diversa, nello spirito, nei polmoni e nelle gambe; per i singoli giocatori: sia coloro che hanno rivisto una maglia da titolare (o da subentrato) dopo qualche settimana di addiaccio, per scelta o necessità (infortunio); sia per coloro che il campo l'avevano visto (e tanto) ma in maniera completamente diversa; per il pubblico: sia quelli che volevano esultare per il cambiamento che-ti-porta-subito-risultati, frenati dal tradizionale gol subito su errore/errori individuali; sia quelli che attendevano la debacle per tessere subito le lodi dei bei-vecchi-tempi-andati. Alibi anche per il calcio in generale, se ci concedete un po' di riflessione globale sul mondo del pallone: di partite a basso contenuto tecnico ne abbiamo viste parecchie e ne vedremo ancora, quella però contro gli uomini di Dionisi rischia di entrare nella top five delle peggiori di questa (per ora) esperienza biennale in cadetteria. Una brutta partita, decisa da un brutto errore (anzi, da una serie di brutti errori) e seguita da una brutta reazione, sicuramente inadeguata per chi deve salvarsi, qualsiasi sia il regista o l'attore in campo di turno. Ma tant'è.

Alibi per tutti, punti per nessuno (di noi): il Mantova resta penultimo con 14 punti, e in piena digestione da pranzo natalizio (27 dicembre, ore 15) si andrà a Carrara su un campaccio per clima e sintetico che rappresenterà, ancora una volta in questo campionato, uno spartiacque per cercare di capirci qualcosa della stagione: come abbiamo già scritto, i tre punti in Toscana servirebbero per, quantomeno, mettere chi lavora in direzione nelle condizioni di poter provare a cambiare qualcosa laddove, soprattutto alla luce del l'avvicendamento in panchina, palesemente serve: nella rosa. E, per restare in cuor di metafora odierna, non concedere alibi alcuno davvero a nessuno.

PS. una riflessione/citazione a chiosa dell'intervento: scegliere un libro da leggere nel periodo natalizio è operazione spesso complicata, e io quest'anno ho optato per un sospeso da 1.400 pagine che avevo da troppi anni: "La scuola cattolica" di Albinati. Libro che, nei primi capitoli, mi ha lasciato un perfetto paragrafo per la situazione sopra descritta, che vi riporto: "ho capito allora cosa vuol dire vergognarsi della propria identità, fino ad odiarla. Sentirsi in imbarazzo al punto da giustificare chi ti disprezza senza motivo. Gli accusatori non aspettano altro che ricevere delle buone ragioni da chi hanno preso di mira".

Pubblicato su La nuova Cronaca di Mantova il  
Ernesto Valerio