
Intervista esclusiva al campione olimpico, alle prese con i dubbi sul proprio futuro
Il campione olimpico Marcell Jacobs è a un bivio: domani potrebbe dire stop alle competizioni o decidere di essere protagonista a Los Angeles 2028.
Gli attriti con la Federazione gli hanno “spento la scintilla”, senza la quale nessun atleta può pensare di sacrificare tutto (bella vita, affetti, tentazioni) per dedicarsi anima e corpo a duri allenamenti quotidiani e, nel suo caso, giocarsi tutto in meno di dieci secondi. Anche se l’uomo sa bene di dover scandagliare sé stesso, chi di dovere salvi il soldato Jacobs, gli faccia fare la scelta giusta: Marcell è un patrimonio dello sport italiano, e va riportato nel suo elemento naturale - la pista – cucendogli addosso le condizioni ideali perché possa convertire in prestazioni da record il suo grande amore per l’atletica. Lui non chiede altro: lo senti a pelle.
Anche gli infortuni non gli hanno reso facile la carriera, soprattutto dopo il doppio oro olimpico (100 metri e staffetta) di Tokyo 2021. In questa pausa di riflessione si divide tra la famiglia, gli allenamenti, il business (Jacobs Sports Center e Jacobs Academy),le sponsorizzazioni e la solidarietà, che pratica spesso e volentieri. L’abbiamo incontrato a una cena di beneficenza, cui seguirà l’indomani un blitz in ospedale a Brescia e Bergamo: porterà doni e sorrisi a bambini che la carezza di un idolo planetario aiuterà ad affrontare momenti difficili e terapie.
Chi volesse conoscere tutti i suoi record può consultare Wikipedia; la sua vita è in un libro – “Flash” – in cui descrive gli alti e bassi di un’infanzia segnata dall’assenza del padre, il rapporto simbiotico con mamma Viviana e i nonni che lo hanno cresciuto a Desenzano, le passioni e le rinunce, gli allenamenti e gli infortuni, le vittorie e le sconfitte. Ma quello è Jacobs. In questa intervista, a raccontarsi è Marcell: il ragazzino che nuotava e giocava a calcio, il campione di solidarietà, il padre di Jeremy, Anthony e Megan.
Marcell, tu sei arrivato in Italia dagli USA a tre anni, con tua madre. Quando hai capito che l’atletica era la tua strada?
“Devo tutto a mia madre. Ero iperattivo, non stavo mai fermo e mi ha iscritto a nuoto; poi ho fatto basket ma soprattutto calcio. Non avevo grandi piedi ma ero veloce, così l’allenatore suggerì di provare anche con l’atletica: il salto in lungo e poi la velocità. Un sabato ho dovuto scegliere tra partita di calcio e gara di atletica: lì ho capito qual era il mio sogno”.
Com’è la tua giornata-tipo?
“Mi sveglio presto perché vesto, preparo e porto io i bambini a scuola. Torno a casa, faccio colazione, poi allenamento dalle 10 alle 12.30. Pranzo, riposo se non ho impegni con gli sponsor, dalle 16-16.30 palestra fino a sera. Poi a casa per cena e a letto presto”.
Padre presente, dunque [inevitabile, vista la sua storia personale]. Che rapporto hai con i tuoi figli?
“Più che un padre sono un fratello maggiore. Giochiamo tanto insieme, passo molto tempo con loro, li seguo e guido ma li lascio anche sbagliare. C’è chi sostiene che “sbagliare è sbagliato”, ma lo sport mi ha insegnato una lezione diversa: è proprio dagli sbagli, dalle delusioni, dalle sconfitte che impari, migliori, ti rialzi più forte, costruisci la tua personalità. A dirla tutta sono un papà molto accondiscendente: quella severa coi bambini è Nicole”.
Sorride e guarda la moglie, elegante e bellissima, che alternandosi a mamma Viviana lo marca stretto, fulminando i ricorrenti sguardi femminili per quel fisico scultoreo e anche perla faccia d’angelo.
“CON I BAMBINI, QUELLA
SEVERA È NICOLE”
Come dire che anche a casa Jacobs comandano le donne. Parlaci invece del tuo rapporto con il cibo. Dieta?
“Ferrea, da atleta. Poi ho quel mese e mezzo all’anno in cui posso sgarrare e mi concedo di tutto: hamburger, pizza, junk food. Se devo sgarrare alla grande, carbonara e amatriciana. Dopo un paio di pasti così, però, ti rendi conto di quanto in realtà una dieta corretta ti sazia di più, ti fa dormire meglio, ti dà più energia”.
E quando sei impegnato nelle competizioni?
“Noi gareggiamo al pomeriggio o di sera: durante la settimana mi sveglio sempre presto, quindi la mattina della gara cerco di dormire il più possibile, anche per risparmiare energie e pensare meno alla competizione. Più presto ti svegli, più stress accumuli pensando alla gara: così cerco di dormire fino all’ora di pranzo. Mi alzo e faccio con un bel pasto completo. Un po’ di relax, poi mi preparo: faccio una doccia, controllo se in borsa c’è tutto l’occorrente, uno spuntino di integrazione e via al campo di gara”.
“MI CARICO CON LA MUSICA. RAP E TRAP MA NON SOLO,
DIPENDE DAL MOMENTO”
Quindi l’uomo più veloce del mondo ama dormire e prendersi il suo tempo. Come trovi la concentrazione necessaria?
“C’è chi cerca il silenzio, io la musica. Rap, trap, rock, epica, classica… dipende dal momento e dal mood. In playlist ho anche qualche amico, con cui spesso e volentieri mi trovo a cena; sono parecchi. L’ultimo con cui mi sono visto? Sfera Ebbasta”.
Cambiamo discorso, hai avviato un paio di iniziative imprenditoriali: il Jacobs Sports Center e la Jacobs Academy.
“Lo sport mi ha insegnato che nella vita bisogna sempre lottare duro e non mollare mai; anche quando gli altri ti dicono che è impossibile, se ci credi puoi farcela. Ho voluto restituire questa lezione a ragazzi in cerca della propria strada attraverso lo sport, che è un grande insegnante di vita, fondando una squadra di atletica. Soprattutto ai più giovani, voglio dare la possibilità di mettersi in gioco, superare le sfide nei confronti dei propri limiti, di sé stessi e degli altri. L’Academy combina sport, prevenzione, salute e benessere per supportare gli atleti di oggi e formare i campioni di domani. Il Jacobs Center offre a giovani e adulti servizi a 360 gradi per il benessere psicofisico: fisioterapia, recovery, biohacking, programmi nutrizionali, coaching, percorsi di crescita personalizzati... Per fortuna mia madre è una grande manager, in grado di tenere tutto sotto controllo”.
Mamma Viviana sorride e annuendo conferma, consapevole del suo ruolo.
CITTADINO DEL MONDO
Ci siamo parlati, avete un bellissimo rapporto. Che mi dici dei tuoi viaggi?
“Amo Desenzano, sul lago c’è ilmio cuore. Però ogni posto in cui vado mi regala qualcosa. Roma è una città che ti dà tanta energia: per affrontare il traffico [ridacchia]devi svegliarti già arrabbiato.
“Bali è straordinaria, così come Miami, che è in America ma non è America. E non potrò mai dimenticare Tokyo, città bellissima dove ho vinto l’oro olimpico”.
A proposito: come si fa a ritrovare le motivazioni dopo aver vinto le Olimpiadi, apice della carriera di un atleta?
“Bella domanda. Ho vissuto tutta la mia vita con un sogno: conquistare quella medaglia. Tutto era focalizzato e funzionale all’obiettivo. Quando ho vinto le Olimpiadi io mi sono detto: “e adesso?”. Puoi vincerne un’altra ma non è più lo stesso, devi ritrovare la “fame” di prima.
“La motivazione è tornata quando ho capito quanto grande fosse il mio amore per questo sport. Mi è sempre piaciuto andare al campo ad allenarmi: non l’ho mai visto come un lavoro o un dovere, ma sempre come un piacere. È quello che dopo Tokyo mi ha ridato la forza e la voglia di tornare in pista”.