Guadagnarsi la giornata è l’arte di vivere liberi

4 Ago 2023 | Attualità, Cronaca, Cultura & Società, Prima Pagina, Tutti gli articoli | 0 commenti

Ricordo di un madonnaro puro e sincero: primo vincitore a Grazie nel 1973

Mentre si avvicina il raduno dei Madonnari a Grazie di Curtatone (12-16 agosto), c’è chi ricorda il passato. Giuseppe Callegari (Capo Giuseppe), da sempre legato a tale territorio, dedica un ampio servizio a un protagonista della manifestazione: Francesco Prisciandaro. Anzi, si può dire che il “Prisci” sia stato il primo e autentico attore della kermesse. Racconto che non viene pubblicato per caso. Infatti, Callegari – autore del libro on line “I Madonnari delle Grazie” (2017) insieme alla memoria storica Cesarino Spezia – traccia il profilo di questo artista di strada in ogni dettaglio. Ne esce un quadro particolare che fa rimpiangere gli anni in cui il raduno-concorso era originale, puro, sincero. Autenticità oggi persa e di cui i diversi organizzatori – molti improvvisati – sono più che mai responsabili.

All-focus

Francesco Prisciandaro, di Bari Palese, vince il Concorso del primo raduno dei Madonnari svoltosi a Grazie il 15 agosto 1973. Prima della manifestazione si reca alla redazione della Gazzetta Mantova per ringraziare. Infatti, con Nicola Jodice viene per la prima volta a Mantova nel 1957. I due dipingono vicino alla basilica di Sant’Andrea e il giornale locale dedica loro un lungo e affettuoso articolo. Dopo 15 anni Francesco, riconoscente, dichiara: Quell’articolo, per me valeva più di un milione. Grazie.

L’arrivo a Grazie
Non c’è concordanza fra le testimonianze relative alla presenza di Prisciandaro a Grazie, anche perché nessuno sapeva chi e quanti fossero i Madonnari in arrivo. Infatti, in quegli anni, quando si parlava di cellulare, s’intendeva l’automezzo adibito al trasporto dei detenuti. È certo che, con la valigia di cartone in mano, si presentò una mattina a casa di Romeo Nicoli, allora presidente della Pro loco. Con molta probabilità soggiornò una notte all’albergo-trattoria “Quattro Venti” di Curtatone. E la sera del suo arrivo cenò alla Trattoria da Mario con Enzo Tortora, Gilberto Boschesi, Maria Grazia Fringuellini e alcuni graziolesi.
Sicuramente questo luogo è stato importante nei primi anni della manifestazione: infatti vi pranzavano, soggiornavano e si incontravano gli organizzatori, i membri della giuria e molti Madonnari. Nacquero anche duraturi rapporti di amicizia come quello fra la proprietaria, Lina Stuani, e Nora Baruffaldi Prisciandaro. Era una serata di mezzo agosto del 1973, all’osteria di Mario muoveva i primi vagiti la storia dei Madonnari di Grazie: una piccola storia che è andata avanti e ha prolificato proprio perché sono le piccole storie che rendono grande e importante il tempo.

“Ho sempre dipinto sull’asfalto senza pensare ai soldi”

Francesco Priscindaro

Autoritratto
Nel 1974, Prisciandaro partecipa ancora al Concorso di Grazie e viene investito del titolo di “Madonnaro delle Grazie”, che lo qualifica maestro e caposcuola dei Madonnari.
Racconta Prisciandaro: Il vero pittore da marciapiedi è quello che non ha altri mestieri, che gira continuamente, che dorme dove capita, che non lavora per mettere soldi da parte, ma soltanto per guadagnarsi la giornata, e per farlo seriamente occorre una passione così.
Arte, faccia tosta e spirito di sacrificio, non mi sono sposato apposta – dichiara fierissimo – Libertà è una valigia e via, la mia casa è il viaggiare (disattenderà questa dichiarazione).
Prisciandaro non è solo Madonnaro, sa anche usare l’olio e intende lasciare un segno della sua attività come la pittura da cavalletto. Poiché, come lui stesso ammette, vivere alla giornata, alla lunga può stancare anche un arrabbiato come me. A volte, quando vedo i pastelli cancellati dalla pioggia, mi viene un nodo alla gola.
In questo senso è bellissima la descrizione che fa di un suo quadro cancellato: Primo a dissolversi fu l’occhio destro: era violetto, rimase una muffa. Poi la guancia divenne vermiglia, scivolò via con la bocca rosa, la fossetta, la gola di perla. La fronte decadde, sparirono il naso, l’occhio sinistro e il resto. Sul lastricato rimase una chiazza sporca, come di ciprie andate a male. Era una Madonna fatta con i gessetti: sparì in poche secondi. L’avevo appena disegnata sotto i portici, ma il temporale fu più forte: vidi il rigagnolo correre verso di me, ero ancora inginocchiato con i colori in mano quando lo vidi arrivare. La Madonna si inzuppò tutta, si sciolse: la mia fatica di pittore durò meno di un niente; la scatola delle offerte era vuota: diedi un calcio e me ne andai via.

Racconto
Prisciandaro racconta in ogni dettaglio il suo andare attraverso paesi, città e nazioni: È un mestiere che nasce dal bisogno e dalla disperazione. Ero un bambino povero; vidi un napoletano a Bari che disegnava Madonne: feci come lui e non ho mai smesso, anche se molti mi accusano perché sto sulla strada e vo e non mi fermo mai e ho resistito alle molte amarezze. Artista, ma da marciapiede.
C’è anche chi mi consola e dice che sono bravo e allora mi rimetto in viaggio e sono contento e ritrovo vecchi amici e parlo e ascolto cose nuove e faccio Madonne, ma anche madonne profane, leggere e fresche.
E altre bellissime figure so fare: guardo in un armadio che so io, e cavo fuori altre idee, una principessa bionda, che so io, un Napoleone a cavallo, che so, un Ulisse che va chissà dove; faccio tante cose, io, ma prima di morire vorrei questa consolazione: dipingere, ma i soldi rifiutarli, e dire grazie no, e salutare e poi prendere la valigia e andare altrove, e non aver bisogno, finalmente poter dire no, non si accettano elemosine, né oboli, né offerte, né oblazioni, e dire così: sono qui per voi, ho portato i colori, faccio i disegni, vi farò contenti.

Umiliazioni e gratificazioni
E non mancano le umiliazioni. Infatti Prisciandaro dichiara apertamente che la manifestazione di Grazie lo ha rimesso in pace con il mondo dopo che un vigile milanese, sorprendendolo a dipingere sul piazzale della Stazione Nord, lo aveva minacciato di fargli cancellare con la lingua la Madonna che aveva appena finito di dipingere.
Il “ghisa” non aveva capito che i Madonnari sono dispensatori dell’unica arte che non costa nulla e di cui puoi fruire gratuitamente, un’arte che riesce a sviluppare una comunicazione immediata fra chi produce l’opera e chi osserva. Infatti, il dipinto non può essere raccontato, spiegato, disvelato: è solo un modo di sentire. L’immagine del Madonnaro è il sentiero che deve essere esplorato per cercare nuovi modi di comunicare. Percorso dialettico, di reciproca conoscenza: da una parte chi esprime il sentire e dall’altra chi non si limita a guardare, ma offre il proprio sguardo.

L’amore
Nel 1974 Prisciandaro si ferma a Mantova dopo il concorso di Grazie con l’intenzione di preparare una mostra. Ma il destino ha in serbo delle sorprese perché, in quell’anno, durante la manifestazione di Grazie, conosce la signora Nora Baruffaldi, che è un’insegnante di Lettere di Mantova.
Francesco non è molto allegro, perché ha vinto Sirio, con il quale c’è un rapporto di amore-odio, e si sente ispirato a versare un secchio d’acqua sul suo dipinto (rimanda solo la performance, che, per la cronaca, avverrà nel 1979) e per “assalire” polemicamente la Giuria (si veda la parentesi precedente). Nel tardo pomeriggio del 16 di agosto, triste e corrucciato, “si limita” ad inveire contro la Fringuellini e Boschesi, accusando, in particolare la giornalista, di aver fatto vincere Sirio solo perché le era simpatico.
Nora, però, riesce a consolarlo e a conquistarlo. Nella primavera successiva, il 3 aprile, i due convolano a giuste nozze. Per due anni abitano a Mantova e poi si trasferiscono in Liguria e successivamente a Bari Santo Spirito.
Profondo rapporto che unisce la coppia. Lo conferma a più riprese Nora Baruffaldi in Prisciandaro, donna che nella vita ha saputo essere anche battagliera, come quando, nel 1988, scrive all’AMI una durissima e, nello stesso tempo, dolcissima lettera in difesa dei veri Madonnari e in cui traspare continuamente il grande amore che la lega a Francesco.
Francesco Prisciandaro è sicuramente il personaggio che incarna le qualità artistiche e i caratteri originari del Madonnaro, espressi sempre con passionalità inconfondibile. A Grazie partecipa nel 1973, 1974, 1975, 1979, 1980, 1981 e 1987. Smette di fare il Madonnaro nel 1997, a 75 anni.

Un personaggio autentico in grado di segnare un’epoca, che sarà di riferimento per molto e molto tempo, perché è una immagine indelebile, quella di Grazie-agosto 1973: “Capelli e baffi spioventi grigi, si è presentato distintamente con una valigetta sottobraccio, l’ha aperta, ha tirato fuori i sandali, jeans, una camicia rossa, un cappellaccio da cow boy, si è cambiato dietro il carro che fungeva da palco, poi si è messo in ginocchio per terra, quarantatré gessetti a portata di mano per copiare una Madonna in trono di Palma il Vecchio; Francesco Prisciandaro, 51 anni, ci ha messo sette ore”.
Gazzetta di Mantova, agosto 1973

Giuseppe Callegari

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