Visitatori famosi
La mostra Klimt e l’arte italiana è in corso dal 16 marzo al 18 giugno al MART di Rovereto e illustra come il secessionista austriaco influenzò i nostri maggiori artisti del primo Novecento -un lungo elenco- ma il fascino della sua poetica perdura e cresce. Gli studenti all’Accademia di Belle Arti di Verona, contrariamente alla norma praticata da molti di mancare alle lezioni di storia dell’arte, erano assai affezionati ai mei corsi, ma non ebbi mai tanto successo come illustrando l’opera e la vita di Gustav Klimt (Baumgartner, 1862- Vienna, 1918), il più famoso protagonista della Secessione Viennese (1897). Evidentemente, qualcosa delle sue immagini gli trasmetteva emozioni forti, e molti mi chiesero di poter discutere la propria tesi sull’argomento. Dall’insieme delle argomentazioni emerse che alcuni erano affascinati dalla concezione esistenziale di Klimt che intrecciò arte e vita vissuta, la sua gestione libertina ma anche libertaria nei comportamenti verso la società del suo tempo, la sua splendida impresa pittorica, soprattutto nel “periodo aureo” col mescolare la tradizionale figurazione volumetrica e chiaroscurale col decorativismo liberty giapponista privo di chiaroscuro e a stesure piatte, dove Klimt anticipa certi motivi Art Déco (già l’icona della Secessione Viennese era una rosa quadrata). Altri lo ammiravano per l’anti accademismo al margine simbolista e Art Nouveau. Altri ancora erano astratti dal forte esplicito erotismo verista che influenzerà Egon Schiele, altro loro prediletto. Ammiravano la pratica sessuale totalmente disinibita del maestro viennese, mentre qualcuno era orgoglioso che Klimt prediligesse l’Italia per arricchire la propria cultura figurativa. Del resto, l’interesse dei miei allievi era allineato con la ripresa di un crescente successo internazionale di Klimt anche nel mercato dell’arte, benché le sue opere disponibili siano rare, le altre ormai quasi tutte accolte nei principali musei. Nei loro elaborati, il dato biografico che più veniva sottolineato era la consistente lezione decorativa appresa in Italia dai mosaici bizantini ravennati e da Venezia. Era invalso, insomma, senza mia intenzione, una sorta di feticismo klimtiano.
Negli studi storici che hanno accompagnato la crescente popolarità di Klimt tuttora progressiva in tutto il mondo, sono stati documentati almeno otto viaggi nel nostro Paese con una particolare frequenza al Lago di Garda. I più importanti per la formazione dell’inconfondibile e inimitabile suo stile, sono quello del 1899, e quelli del 1903, quando con altri compagni di viaggio si recò due volte a Ravenna. Nelle ultime mostre italiane sono state esposte alcune cartoline appartenenti ad archivi pubblici e collezioni private, scelte tra le molte che l’artista spedì da ogni luogo in cui sostava alla compagna Emilie Flöge, sua musa e famosa stilista di moda, colei che ha rivoluzionato l’abbigliamento femminile interpretando negli abiti lo stile Wiener Werkstätte. Tra queste cartoline si è ritrovata una veduta di Mantova datata 8 dicembre 1903.
È una insolita panoramica fotografica a volo d’uccello che mostra un’ampia prospettiva della nostra città, oggi non replicabile dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. L’immagine è istoriata sul recto dalla calligrafia arruffata di Klimt che si firma “Gustav” nell’angolo inferiore destro. L’immagine stessa è dunque un documento prezioso, e mentre risolve il dubbio latente che Klimt sia mai stato a Mantova, offre qualche indizio fermo circa la sua visita -anche se fuggevole- alle vestigia rinascimentali.
In queste cartoline, da Venezia accenna al maltempo e alle avversità che l’artista aveva dovuto affrontare appena giunto alla laguna. A Venezia c’era l’acqua alta, e la pioggia aveva allagato la sua stanza. Da Ravenna descrive la povertà della città e il folgorante splendore dei mosaici bizantini. All’inizio del mese di maggio 1899 aveva visitato alcune città del Nord insieme al suo amico, importante pittore viennese Carl Moll con famiglia e innamorato della troppo giovane figlia di questi, causò il risentimento del genitore. Quattro anni dopo, nel maggio 1903, Klimt torna a Venezia, poi visita per la prima volta i mosaici di Ravenna, che suscitano in lui un grande entusiasmo. Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre dello stesso anno si reca ancora a Ravenna e in altre città dell’Italia settentrionale. Klimt spedisce le prime cartoline dall’Italia da Villach, Pontebba, Venezia e Padova. Il 2 dicembre scrive da Ravenna: […] tante povere cose – i mosaici di uno splendore inaudito. Seguono cartoline da Firenze, Pisa, La Spezia, Verona e infine due cartoline da Riva del Garda. Il passaggio da Mantova avvenne, dunque, al ritorno dalla seconda visita a Ravenna nel rientrare a Vienna con una sosta sul Garda.
La cartolina mantovana non fu scelta a caso, ma secondo il gusto estetico del mittente. Riflette il modo klimtiano di costruire i dipinti di paesaggi, portando tutto in primo piano quasi utilizzando un teleobiettivo (si dice che usasse un cannocchiale), con linee verticali e orizzontali incrociate. Probabilmente a Mantova solo di passaggio, una sosta fugace, dopo la visita a Ravenna, acquistò la cartolina, oggi collezione privata Leopold. È scritta a Torbole, ma è improbabile che Klimt abbia spedito una foto di Mantova a Emilie senza aver sostato nella città. Quella forma calligrafica non è più in uso e sono cambiati i modi di dire che ora potrebbero essere equivocati. Ma proviamo a leggere, senza scomodare paleografi, trascrivendo:
Nachricht trifft mich in Torbole am Gardasee
allerdings nur telegrafisch
ich hoffe bestimmt Samstag zurückzukommen
2 Stunden Unterbrechung der Fahrt zum Gardasee
Regen, nichts als Regen
Allerherzlichste Grüße Gustav
(La notizia mi raggiunge a Torbole sul lago di Garda, ma solo per telegrafo.
Spero di tornare sabato
2 ore di interruzione del viaggio al lago di Garda.
Pioggia, nient’altro che pioggia)
Cordiali saluti Gustav
Dieci anni dopo, soggiornando a Tremosine, in estate del 1913, Klimt dipinse due famose vedute, Malcesine e la Chiesa di Cassone e, forse, anche il Giardino italiano, dalla riva opposta a Malcesine. In quei giorni non piovve.
Renzo Margonari