L’isola di Virgilio mago

2 Nov 2023 | Attualità, Cultura & Società, Occhiovolante, Tutti gli articoli | 0 commenti

Luoghi del Fantastico

Renzo Margonari
Un Istituto di Statistica ha rilevato che il 70% degli Italiani non ha mai letto un libro e almeno la metà di quelli che leggono non capiscono ciò che stanno leggendo. Secondo altre agenzie la percentuale è del 40% e meno. Comunque, sono dati sconvolgenti, ma nella città del Festivaletteratura sembrano poco credibili. Perciò, penso che la maggior parte dei miei lettori possa distinguere la compatibilità interattiva del termine “fantastico” con il termine “misterioso”, la cui reversibilità e trasferibilità sono come i vasi comunicanti della legge di Stevino. Il Fantastico è per sua natura illogico appartenendo alla sfera del misterioso. Infatti, nella Logica non c’è Mistero. In natura, invece, il Fantastico è logico. Ci sono fiori che sembrano uccelli, farfalle che sembrano fiori, foglie che sono insetti, e così via, che nella loro conformazione possono ritenersi fantastici e misteriosi, ma la loro forma è logica secondo le ragioni dell’evoluzione della specie. Ci sono esempi affascinanti, e sappiamo che nei nostri tempi la Scienza ha superato l’equazione, dimostrando che nel “fantastico” non c’è nulla di “misterioso”, nulla che non possa essere spiegato scientificamente come “logico”, perciò anche il “misterioso” è “logico”. Prima di incappare nelle eccezioni, è bene per me e per il lettore non addentrarci oltre nel fenomeno logorroico inevitabilmente innescato da simili argomentazioni.
“Fantastico” e “Misterioso”, ad esempio, si trovano coattivi in un luogo straordinario per la sua morfologia geologica e la sua storia. Sta nei pressi di Napoli (città che strabocca di luoghi fantastici e misteriosi e opere d’arte che meritano il binomio). È uno scoglio bipartito, su una parte è costruita la Villa della Gaiola, l’altra è abbastanza selvatica. Emerge dal mare dirimpetto a Posillipo. Le due parti sono unite da uno stretto ponticello volante vertiginoso, per cui si passa dall’una all’altra con una certa apprensione. Il luogo è bellissimo e si comprende perché sia stato abitato come villa di delizia già dai tempi di Virgilio, ben prima che nascesse la sua reputazione di posto “jellato”. Appare felicissimo, ma porta “jella” a chi vi abita.

La vulgata dice che prima proprietaria di questa villa sia stata la famiglia nobiliare inglese dei Brown (?). Il capofamiglia qui fu stregato dalla bellezza della cognata innamorandosene perdutamente. Una sera, dopo un grave litigio, la moglie decise di allontanarsi da casa utilizzando la seggiovia che collegava l’isolotto alla terra ferma ma la donna cadde e morì. Lo stesso destino toccò al marito che il mare restituì avvolto da una coperta insieme al suo gatto. Da quel momento in poi i pescatori giurano di sentire il miagolio straziante del gatto e ancora oggi, chi dimori sull’isola, viene colpito da disgrazie. Si tratta, ovviamente, di una confusa mescolanza di racconti diversi. La storia vera è che nel 1926 la villa era collegata alla terraferma da una rudimentale teleferica. In una notte di tempesta il cavo si spezzò mentre una signora tedesca, Elena Von Parish, stava rientrando sull’isola. La donna cadde in mare e non fu mai ritrovata. Hans Praun e Otto Grumbach, che ospitavano la donna alla Gaiola, furono talmente scossi dalla vicenda che si suicidarono: uno subito, e l’altro qualche tempo dopo aver fatto ritorno in Germania. Gli “esperti” locali e “studiosi” dell’occulto dichiarano che la negativa nomea di questa villa si deve anche a quei “fattucchieri” che la frequentavano per praticare la magia nera gettando in mare tutti i residui dei loro intrugli. L’isola, in effetti, ha una storia cupa, in netta contraddizione alla bellezza ariosa del luogo (spiaggetta, acqua cristallina, bellezza naturalistica, resti di ruderi d’epoca romana e anticamente dedicata a Venere Euplea, protettrice della navigazione), storia disgraziata che inizia nel 1874 quando l’isola, dopo essere passata da un proprietario all’altro, quasi tutti stranieri, fu venduta a Luigi de Negri che vi costruì una villa dalla sobria architettura mediterranea che la caratterizza ancora oggi, e poi fallì nella sua attività commerciale. Il proprietario successivo, acquistata la villa da De Negri, sfruttò l’isola e la zona prospicente per una cava di pozzolana (il nome del luogo deriva infatti da “caviola”, piccola cava. Fu poi proprietà dello scrittore britannico Norman Douglas, sempre perseguitato dagli scandali, epicureo autore de La Terra delle Sirene, 1911, guida sentimentale di alcuni luoghi della costa sorrentina in cui segnala “presenze sireniche”. Nel 1910 la Gaiola passò alla famiglia del senatore Giuseppe Paratore che prudentemente abitò la villa dirimpetto sulla terraferma, oggi parte della tenuta Ambrosio che ospita anche il Parco Archeologico di Posillipo. La popolazione costiera sorrentina non frequenta la Gaiola, considerandola maledetta, credendo che con la sua bellezza nasconda sorti tragiche. Negli anni Venti del Novecento appartenne allo svizzero Hans Braun, il quale fu trovato morto e avvolto in un tappeto; la moglie annegò in mare. La villa passò al tedesco Otto Grunback, che morì d’infarto mentre vi soggiornava. Poi toccò all’industriale farmaceutico Maurice Sandoz, suicida in un manicomio in Svizzera. Successivamente un industriale tedesco dell’acciaio, il barone Paul Karl Langheim, finì sul lastrico a causa delle feste omosessuali ivi organizzate. Infine, l’isola appartenne a Gianni Agnelli che da quel momento subì la morte di alcuni familiari e si affrettò a rivenderla. Passò poi a Jean Paul Getty, il cui nipote fu rapito dalla ’Ndrangheta -storia nota- e successivamente, a Gianpasquale Grappone, che rimase coinvolto nel fallimento della società di assicurazioni Lloyd Centauro nel 1978.

Le due isole in una si trovano al centro della Zona di Riserva Integrale dell’Area Marina Protetta, e stanno maturando un graduale processo di rinaturalizzazione e ripopolamento biologico che interessa l’intera area marina e terrestre circostanti. Qui, si dice, già aleggiava un’ombra di sventura in un passato ben più remoto, addirittura dall’epoca di Virgilio. La leggenda che giustamente mi conduce qui, dice che il nostro Vate (nostro, ma “Tenet nunc Parthenope”), vi aveva istituito una scuola di arti magiche, dove insegnava riti e pozioni di ogni tipo, in grado di originare malefici ai danni di chi si fosse trattenuto lì per lungo tempo. La figura di Virgilio stregone e taumaturgo è molto popolare a Napoli. Un’altra storia racconta anche come ai tempi dei Romani, vi abitasse il liberto Publio Vedio Pollione, che in vasche di tufo allevava murene per le mense romane e -sciocca credenza- di tanto in tanto gettasse loro qualche schiavo. Sono stati scavati resti archeologici di una villa romana. Ora l’isola divisa in due, è aperta alle visite e al turismo. Senza trattenersi a lungo, per scaramanzia, e per non soggiacere all’anatema di Virgilio Mago uscendo prima della chiusura del parco, costituisce una splendida occasione per trascorrere una bella giornata tra cielo e mare. È un paesaggio neoplatonico e alchemico: terra, aria, acqua e il fuoco del Vesuvio lì vicino, dove poter meditare una possibile equazione tra Fantastico e Misterioso.

Si raggiunge in barca, previa prenotazione (www.areamarinaprotettagaiola.it)
renzo@renzomargonari.it

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